Che ne direste di un parking temporaneo alla Valfré?

imagesIl sito dell’ex caserma Valfrè è stato recentemente candidato per ospitare una innovativa “Cittadella della Giustizia”.
Anche il Ministro Cancellieri ha apprezzato l’idea, e la speranza è che arrivino da Roma i contributi necessari a trasformare questo progetto in una concreta realtà.
Nel frattempo, però, la caserma è chiusa e (a parte rare eccezioni) sempre vuota.
Allora, mentre aspettiamo di sapere se il nuovo tribunale sarà realizzato qui, perchè non pensiamo di sfruttare almeno gli ampi spazi all’aperto e realizzare, praticamente a costo zero, un parcheggio che consenta di dare un po’ di risposte a quanti, commercianti in primis, richiedono a gran voce nuovi spazi per le auto?
Si potrebbe anche pensare a spazi riservati, con apposita convenzione, ai dipendenti della Questura, all’Università, o proprio ai commercianti.
Una discreta fonte di reddito per il Comune (o, meglio, per la sofferente ATM); uno spazio a ridosso del centro e di importanti uffici; una risposta – anche temporanea -a una richiesta di parcheggi che non può essere altrimenti evasa, un modo (sabaudo?) per interrompere un degrado che non può aspettare i tempi delle burocrazie romane.

Primo: non cincischiare

downloadSi è aperta la legislatura, è responsabilità di tutti – TUTTI – di fare in modo che si possano fare subito i provvedimenti che servono al Paese. Alessandria non potrebbe sopportare i balletti per le presidenze, le impuntature per il governo. E’ un Parlamento rinnovato, pieno di new entry: dimostrateci di non essere solo una nuova edizione del vecchio: non cincischiate.  Alessandria è allo stremo e ha bisogno di due cose che possono (e devono) essere fatte : 1) l’immediata modifica delle norme per la gestione del dissesto per dare maggior respiro all’azione di risanamento dei conti 2) l’immediata modifica del decreto che impedisce ai creditori degli enti dei comuni (consorzi e partecipate) di compensare  le imposte e le tasse che devono pagare (che, si ricorda,  sono state applicate – per effetto del dissesto – nella misura massima prevista dalla legge) con i crediti che vantano.

 

Azienda speciale: si poteva e si può

La Corte dei Conti del Lazio pone la parola fine alla “querelle” sulla legittimità del poter costituire per il Comune una nuova azienda, lo fa con il parere 9 gennaio 2013 n. 2  .

Con una levità anche sorprendente: “è, poi, appena il caso di evidenziare che l’azienda speciale, quale ente strumentale dell’ente locale, di cui all’art. 114 del TUEL, non rientra, per espressa previsione normativa, al pari delle istituzioni, tra “gli enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite, ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, di cui al richiamato art. 9, comma 6, del D.L. n. 95 del 2012.”

Ma la sentenza affronta anche il caso interessante e che potrebbe essere una strada da seguire dicostruire insieme trasformazione di una S.r.l. multi servizi in Azienda Speciale. In pratica la possibilità di dare una prima, parziale soluzione alla crisi Aspal.

Il Comune di Frosinone chiede infatti poter trasformare la propria “Servizi Strumentali s.r.l.” (che attualmente gestisce i servizi più disparati: da quelli cimiteriali, al verde pubblico, ai parcheggi, alla gestione di alcuni tributi, fino, appunto ai nidi, ai servizi culturali e ad alcuni servizi sociali) in azienda speciale per la gestione dei servizi sociali, educativi e culturali.

La Corte, dopo aver confermato che l’obbligo di “privatizzazione” delle quote di partecipazione pubblica non si applicano alle società che svolgono “servizi di interesse generale anche aventi rilevanza economica”, anche citando la disciplina e la giurisprudenza comunitaria,  ammette la possibilità della trasformazione da S.r.l. in azienda speciale per la gestione dei servizi sociali, educativi e culturali.

Soluzione, quella dell’azienda speciale che, fatta salva la necessaria “valutazione sulla convenienza economica dell’operazione nonché una valutazione prospettica (…) sulla tenuta e sulla salvaguardia degli equilibri finanziari complessivi della gestione”, consentirebbe di superare i vincoli di assunzione e quelli imposti dal patto di stabilità.

Ma che colpa abbiamo noi?

Con questo documento alcune associazioni e cooperative di Alessandria aderiscono alla fiaccolata contro il declino della città e gli effetti devastanti della normativa sul dissesto indetta dalle organizzazioni sindacali per giovedì 18 ottobre.


Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone.
(Italo Calvino)

 Questa città è entrata in dissesto molto prima che la Corte dei Conti se ne accorgesse.

Lo sanno le tante piccole imprese che da parecchio tempo non vedono pagati i lavori e i servizi che hanno prestato al Comune e alle aziende che il Comune controlla.
Lo sanno i lavoratori di quelle stesse imprese che – di conseguenza – vedono messi a rischio il loro salario e la stabilità del loro lavoro.
Lo sanno le tante cooperative che si trovano nelle medesime condizioni e ormai non sono più in grado né di gestire i servizi loro affidati né di pagare i soci lavoratori.
Lo sanno i lavoratori del Comune e delle aziende partecipate che da mesi non sanno se e quando riceveranno il loro stipendio.

Questa città oggi rischia di passare dal dissesto alla miseria.
Vittima degli effetti di una gestione sconsiderata dei fondi e dei servizi pubblici. Dei ritardi degli organi di controllo. Di normative che invece di risanarla, la strozzano. Facendo pagare le conseguenze più pesanti a chi vive del proprio lavoro e non ha nessuna responsabilità su quanto accaduto.

Questa città non può restare a guardare.
Deve farsi carico delle proprie responsabilità e rivendicare quel che è giusto e possibile.

Chiediamo al Governo nazionale di non lasciare questa città vittima di norme illogiche e contraddittorie.
Alessandria può risollevarsi con le sue forze e le sue risorse se viene messa nella condizione di farlo.
Non si salva né si risana una comunità se le si toglie l’ossigeno e il cibo.
Non si può confondere e metter sullo stesso piano chi del dissesto è responsabile e chi ne patisce le conseguenze.

Chiediamo a chi governa la città equità e determinazione nelle scelte.
Governare una comunità vuol dire sapere distribuire oneri e responsabilità.
Chiediamo scelte coerenti. Nessuna spesa inutile. Tutela dei più deboli. Dialogo e strumenti per chi può dare il suo contributo alla rinascita della comunità.

Chiediamo agli alessandrini di alzare la testa. Parlarsi. Mettersi in rete.
Bandire le furbizie e gli egoismi. Chiedere e costruire quel che è utile alla comunità.
Non preoccupatevi delle strisce colorate.
Preoccupatevi di ricostruire il futuro di tutti. Possibilmente a colori.

Alessandria Bene Comune
Alessandria VentiVenti
Azimut
Bandarotta Fraudolenta
Comunità San Benedetto al Porto
Consolidale
Coompany
Lavoro e Liberazione
Paper Street
Progetto Associa
RavvivAle
Ristorazione Sociale

Un palazzo amico dei creditori

Nominato l’Organismo Straordinario di Liquidazione, il Comune di Alessandria ha messo a disposizione un pool di quattro dipendenti per sostenere il loro lavoro teso a far chiarezza sui conti pregressi e definire una volta per tutti la massa dei debiti contratti e avviare le procedure per saldarli.

Ora i creditori (almeno quelli che visitano l’albo pretorio e il sito del Comune) hanno tempo 60 giorni per farsi avanti e far valere le proprie ragioni. Nei confronti di queste imprese (alessandrine e non) che si sono fidate della solvibilità del Comune, che hanno eseguito lavori o fornito materiali o attrezzature e che rischiano di vedersi pagato solo fino al 40% del dovuto Alessandria ha non solo un debito materiale, ma anche uno morale: quello di aiutarle a non perdersi nei meandri della burocrazia.

Per questo ci sembrerebbe cosa di buon senso se si destinasse del personale del Comune ad accompagnare i creditori nella loro odissea. Uno sportello dedicato a loro, con personale che si occupi di rintracciare la “documentazione probatoria” interna al Comune (delibere, determine, atti di impegno di spesa…), che li aiuti a compilare le richieste, che a partire dalla documentazione interna vada a cercare i creditori e li inviti a presentare domanda.

Questo sarebbe un bel modo per avvicinare il Palazzo a quel mondo del lavoro che dal Palazzo è stato sfruttato.

Wifi anche da noi?!

A Milano, dopo un anno dall’elezione di Pisapia, finalmente sono partiti i primi hot spot wifi.
Per ora sono ‘solamente’ 258, l’intento è quello di arrivare a breve a quota 500.
Il costo? Meno di 2mila Euro a spot.
ABC aveva proposto questa iniziativa nel periodo delle primarie, e ha continuato a sostenere la necessità di garantire il wifi pubblico fino ad oggi.
Anche in periodo di dissesto si può realizzare questo servizio, che ha costi veramente risibili.
Poco più di mille Euro per attivare ogni punto di accesso, poco meno di 100 euro l’anno per mantenerlo.
Non dobbiamo inventarci nulla: basta aderire alla rete federata nazionale FreeItaliaWifi e affidarsi all’esperienza del consorzio Caspur per entrare in un network che comprende, guarda un po’, anche il CSI Piemonte, che ha iniziato con il Wifi a Torino, Alba, Pinerolo, Valle d’Ossola…
Il Wifi è ad Antrona Schieranco (cercatelo sulla mappa, coraggio!) e non in piazza della Libertà?

Un lavoro di squadra per Costruire Insieme

Un ordine del giorno approvato dal Parlamento: questo è il risultato di un lavoro di squadra.

Il decreto sulla spending review arrivato alla Camera dei Deputati e sul quale già al Senato era stata chiesta la fiducia ha molti difetti, tra questi introduceva una insopportabile differenza tra i Comuni che avevano già istituito Aziende Speciali ai sensi del TUEL per gestire servizi educativi, socio assistenziali e culturali (che scampavano alla chiusura grazie all’art. 1 bis del comma 9) e Comuni che volevano attivare la stessa procedura.

Il comma 6 dello stesso articolo 9 prevedeva, infatti il “divieto agli enti locali di istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione”.

Una mina vagante sulla potestà organizzativa dei Comuni, in aperto contrasto con l’ultima sentenza della Corte Costituzionale sui servizi pubblici locali.

Una mina ancora più insopportabile per il Comune di Alessandria dove una tattica dilatoria messa in campi dagli oppositori alla scelta dell’Azienda Speciale (e fautori dell’appalto alle cooperative?), non aveva consentito di approvare questa scelta (sostenuta dalla RSU, da 5500 firme e dalla Sindaca fin dalla campagna elettorale) prima dell’uscita del decreto.

Ci si sarebbe trovati paradossalmente di fronte all’approvazione di un atto che avrebbe avuto dubbi di legittimità, vista la fumosità del comma in questione.

Abbiamo proposto emendamenti, resi vani dalla fiducia alla Camera, quindi un ordine del giorno che è stato presentato dai deputati Fiorio e Lovelli e che è stato fatto proprio dal Governo.

L’ordine del giorno (il n. 9/5389/108) “impegna il Governo a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni […] allo scopo di prevedere espressa esclusione delle aziende speciali e delle istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali anche dall’applicazione delcomma 6 dell’articolo 9.

L’ordine del giorno consente di avviare un percorso senza ombre per la nuova azienda “Costruire Insieme” che sarà deliberata dal Consiglio Comunale di Alessandria, di salvaguardare i servizi educativi e di dare una prospettiva stabile di occupazione ai precari dei nidi di Alessandria, che – nonostante la loro pluriennale esperienza – per effetto del mancato rispetto del patto di stabilità sarebbero stati messi alla porta.

i diritti non vanno in vacanza

Possiamo copiare l’ordine del giorno di Milano, la delibera di Torino, fare riferimento ai documenti dell’ARCI Gay o dei gruppi di lavoro del Movimento 5 stelle. Tutti i contributi sono utili. Ma finché l’approccio sarà quello di portare a discutere in Consiglio Comunale una proposta, per bella e completa che sia, individuata da uno o più consiglieri o amministratori “illuminati”, la questione del riconoscimento di uguali diritti alle persone e alle coppie indipendentemente dal loro stato civile sarà sempre una questione riservata a pochi intimi appassionati.

Magari potrà conquistare le prime pagine dei giornali locali, commenti nei bar più o meno morbosi o triviali. Ma sarà sempre argomento di nicchia.

In gioco non ci sono questioni di principio, attrezzature da intellettuali ideologizzati. In gioco c’è la vita quotidiana di persone in carne ed ossa. “Difficoltà concrete, battaglie quotidiane, fatica di vivere” (per citare Scalfarotto)

Questa è la ragione per cui un dibattito nel chiuso di Palazzo Rosso non è sufficiente. Togliamo le bandierine e andiamo in mezzo alle persone.  Abbiamo la possibilità di farlo con i pochi, rudimentali strumenti di partecipazione che lo Statuto del Comune di Alessandria ci consegna.

Scegliamo insieme – partiti, movimenti, associazioni, singoli cittadini e cittadine – un testo condiviso, praticabile, legittimo, realmente sostenibile e avviamo una campagna di raccolta firme per l’adozione di una delibera consiliare di iniziativa popolare.

Sarebbe la prima a memoria di alessandrino e che fosse sui diritti civili sarebbe bello, no?

Facciamolo da subito. Perché il dissesto non ci deve privare della speranza nel futuro, perché i diritti non vanno in vacanza.

Con l’augurio che tra i primi firmatari ci siano i membri di Giunta e Consiglio.

Qui  c’è il testo della raccolta di firme che ha proposto ABC , senza inventare niente, semplicemente riprendendo il testo di Torino. Il consigliere comunale Claudio Lombardi per SEL ha presentato una analoga proposta di deliberazione basata sul testo approvato a Milano, e altrettanto ha fatto il gruppo consiliare del Movimento Cinque Stelle.